Artikeldatenblatt : 288802
"Coppia di busti in terracotta"
Verfasser : Silvestro Barberini (Modena,1854-1916)
Epoche: Zweite Hälfte des 19. Jh.
Maße H x B x T
Höhe cm : 56
Breite cm : 40
Tiefe cm : 30
Silvestro Barberini (Modena,1854-1916)
Coppia di busti in terracotta raffiguranti "Coniugi della famiglia Tosi Bellucci"
Provenienza: Modena, Palazzo Tosi Bellucci
cm 56 x 40 x 30
Si ringrazia Luca Silingardi per lo studio delle due opere; alleghiamo la scheda.
La ringrazio di avere sottoposto alla mia attenzione questa interessante Coppia di busti in terracotta (56 x 40 x 30 cm ciascuno), provenienti dal nobile Palazzo Tosi Bellucci di via Canalino in Modena, presso cui – stando alle memorie familiari dei discendenti – si trovavano dal momento della loro realizzazione, fissati con un perno a due mensole sospese dell’atrio; dunque con ogni probabilità raffiguranti due coniugi della cospicua famiglia Tosi Bellucci, che vantava numerosi possedimenti a Vignola, anche se al momento non è stato possibile individuarne l’identità.
Databili attorno al 1890 attraverso una comparazione storico-cronologica basata sui dati di costume (la foggia dell'abbigliamento, l’acconciatura ecc.), sulla base di confronti stilistici si ipotizza che l'autore sia il modenese Silvestro Barberini (1854-1916).
A favore di questa attribuzione depone, in particolare, il Busto di Enrico Stufler (terracotta patinata a imitazione del bronzo), opera certa di Barberini, in quanto firmata sul fronte del basamento “Barberini”, databile attorno al 1900 per via dell’età dell’effigiato (medico oculista e poeta dialettale per diletto, nato nel 1863 e morto nel 1923), conservata presso un privato modenese, dalla quale nel 1970 fu tratto il calco con cui fu possibile realizzare il busto in bronzo, ora sulla tomba del medesimo personaggio nel viale centrale del cimitero modenese di San Cataldo (ripr. in Il cimitero di San Cataldo a Modena. Guida ai monumenti, Modena 2012, p. 84).
Il busto di Stufler, infatti, mostra un modellato a tocchi lasciati in evidenza analogo a quello dei due busti da Lei posseduti; un ductus che conferise alla superficie dell’opera un particolare effetto scabro, allineandosi alla corrente di innovativo "verismo" a cui l'artista aveva aderito già nel gruppo statuario Delirium tremens, saggio del Pensionato Poletti inviato da Firenze nel 1881 e presentato dapprima a Modena, ove aveva suscitato scalpore per il carattere di forte realismo, quindi presso l'Esposizione Nazionale di Bologna nel 1888 (ripr. in G. Martinelli Braglia, Ottocento e Novecento a Modena nella Raccolta d'Arte della Provincia, Modena 1997, p. 20).
Accanto al registro di levigato gusto classicista, con riferimenti addirittura neobarocchi, che si palesa soprattutto nelle opere in marmo – il busto di Ofelia della Raccolta d'Arte della Provincia di Modena (ivi, p. 71), i numerosi monumenti funerari presso il cimitero di San Cataldo (si veda Il cimitero di San Cataldo…, cit., pp. 35-37, 43-44, 49-50, 73, 80), la Virtù e nella Munificenza della tomba Ceccarelli di Sassuolo (ripr. in L. Silingardi, “Il dolore confortato dalle memorie”: la scultura funeraria, in Il cimitero monumentale di San Prospero a Sassuolo, a cura di V. Vandelli, Sassuolo 2008, p. 60) – Barberini possiede, infatti, anche il registro di un modellato più "lavorato" e coinvolto, dalle superfici scabre, forse derivato dalla maggiore libertà esecutiva che la terracotta, e dunque la fusione in bronzo, poteva offrirgli; un registro e un fare più plastico, ad esempio, che si coglie nel busto dell'amico Gaetano Bellei raffigurato nel Ritratto di Silvestro Barberini (Modena, Museo Civico d'Arte; ripr. in Museo Civico d’Arte di Modena. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento, a cura di T. Fiorini, F. Piccinini, L. Rivi, Modena 2013, p. 129) che dipinge lo stesso Bellei, dove, sul trespolo, è in bell'evidenza la scultura che l’artista stava modellando con la stecca che tiene ancora in mano.
D'altro canto, sarà proprio dal "verismo" di Barberini, improntato su quello “sociale” di Vincenzo Vela (1820-1891), che inizierà il percorso di Giuseppe Graziosi (1879-1942), il suo migliore e più celebre allievo.